mercoledì 17 febbraio 2010

L'epoca di Alessandro de Medici

Il nuovo Gonfaloniere Giovanni Corsi si vide costretto a fronteggiare una situazione difficile: le carestie, il rialzo dei prezzi e la minaccia sempre presente dei lanzichenecchi complicavano, in quegli anni, la situazione di Firenze, disastrata dal punto di vista economico e finanziario.
Per sua fortuna, gli aristocratici erano talmente provati dagli anni della repubblica da sostenerlo in modo, ormai, incondizionato. Senza più cariche, privati delle loro fortune, i Grandi assicurarono sottomissione al nuovo regime, approvando, adesso senza più rivendicazioni, la politica reazionaria del Gonfaloniere. Troppo pesanti erano stati i danni subiti da questa classe dominante durante gli anni della repubblica, così che anche i più moderati tra i Grandi arrivarono a provare un forte risentimeno nei confronti del popolo, degli Arrabbiati e della tradizione repubblicana.

I Medici, garanzia dell'ordine costituito, costruirono in questi anni il totale asservimento della classe aristocratica che ormai riteneva auspicabile un rafforzamento della loro supremazia.
Alla fine del 1530, a rappresentare i Medici a Firenze fu inviato lo Schomberg con il compito di rimettere in piedi l'antico sistema di governo mediceo, anche a costo di agire con la massima severità. Il 6 luglio venne letto in città un messaggio dell'Imperatore che pur non abolendo le istituzioni esistenti nominava Alessandro de Medici, rientrato a Firenze il giorno precedente, capo della Città.

Durante l'inverno del 1531, Clemente VII si adoperò, in vista di una riforma costituzionale, a sondare gli animi dei maggiori cittadini fiorentini, convocando a Roma Filippo Strozzi, Jacopo Salviati e Roberto Pucci. L'unico ad opporsi apertamente al Principato fu Jacopo Salviati. Il 4 aprile, dunque, attestate le deboli resistenze, la Balia nominò dodici personalità con il compito di operare le modifiche costituzionali reputate necessarie. La Signoria e il Gonfaloniere furono aboliti, mentre furono istituiti il Consiglio dei Duecento, il Consiglio dei Quarantotto e la figura del Duca.

Alessandro de Medici, a questo punto, forte della nomina a Duca, potè dispiegare pienamente la sua politica, cercando consenso nei ceti inferiori e mirando ad instaurare l'eguaglianza di tutti di fronte alla legge, a danno degli aristocratici. Questo comportò la crescita dell'opposizione di una parte dei Grandi, testimoniata ad esempio dall'avvicinamento di Filippo Strozzi al gruppo di opposizione formatosi a Roma.

Qui, nella città del Pontefice, esuli repubblicani e aristocratici si erano uniti inizialmente nella critica alla politica autoritaria di Alessandro. Unione, però, fragile e destinata a svanire, a causa delle sostanziali differenze ideali esistenti tra le due parti: mentre i repubblicani desideravano la reintroduzione della Costituzione del 1527, gli aristocratici ambivano all'edificazione di un governo oligarchico.

Messo in qualche modo al sicuro dai dissidi interni all'opposizione, Alessandro fu libero di pianificare la sua politica estera. Seguito dalla schiera degli aristocratici a lui fedeli, come Francesco Guicciardini, Roberto Pucci e Francesco Vettori, Alessandrò si recò, per tessere formali rapporti di amicizia, a Napoli dall'Imperatore. Un risultato di questi rapporti fu il matrimonio tra Alessandro e Margherita d'Austria, che assicurava a Firenze l'amicizia di Carlo V a costo di una notevole dipendenza da questo.

La questione costituzionale che sembrava essersi conclusa senza tanti strascichi fu però riaperta all'improvviso dal giovane Lorenzino de Medici, che il 6 gennaio 1537, uccise il Duca durante la notte.

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