mercoledì 17 febbraio 2010

Il Principe - Capitolo VIII - 23

"Credo che questo avvenga da le crudeltà male usate o bene usate. Bene usate si possono chiamare quelle, - se del male è lecito dire bene, - che si fanno a uno tratto per la necessità dello assicurarsi: e di poi non vi si insiste dentro, ma si convertono in più utilità de' sudditi che si può. Male usate sono quelle le quali, ancora che nel principio sieno poche, più tosto col tempo crescono che le si spenghino. Coloro che osservono el primo modo, possono con Dio e con li uomini avere allo stato loro qualche rimedio, come ebbe Agatocle; quegli altri è impossibile si mantenghino.
Onde è da notare che, nel pigliare uno stato, debbe lo occupatore d'esso discorrere tutte quelle offese che gli è necessario fare, e tutte farle a uno tratto, per non le avere a rinnovare ogni dì e potere, non le innovando, assicurare li uomini e guadagnarseli con benificarli. Chi fa altrimenti, o per timidità o per mal consiglio, è sempre necessitato tenere il coltello in mano; né mai può fondarsi sopra e' sua sudditi, non si potendo quegli, per le fresche e continue iniurie, mai assicurare di lui. Per che le iniurie si debbono fare tutte insieme, acciò che, assaporandosi meno, offendino meno; e' benifizi si debbono fare a poco a poco, acciò si assaporino meglio. E debbe soprattutto uno principe vivere in modo, con e' suoi sudditi, che veruno accidente o di male o di bene lo abbia a fare variare: perchè, venendo per li tempi avversi le necessità, tu non se' a tempo al male, e il bene che tu fai non ti giova perché è iudicato forzato, e non te n'è saputo grado alcuno."

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