mercoledì 26 novembre 2008


La discoteca del paese rumoreggiava senza sosta.
La strada per il quoziente è lontana.
Le soluzioni sono per i pivelli
Le buone letture no.
Intonaco.
Blu.

Il nostro preside appesantiva la mongolfiera razzista.
La lettiga controllò che fosse tutto a posto.
Da che il mondo è mondo, giace.
Nessuno è nessuno qui.
Sono libero.
Ok.

La lettera scritta dal mignolo non è mai arrivata a destinazione.
Il futuro verrà presentato in prima visione.
L’accetta accetta tutti ma non qui.
Vatti a sposare a Las Vegas
Non qui.
Ok?


A.De Large

domenica 16 novembre 2008


Come un pagliaccio di rabbia che
la voluttuosa dispersione ringhia,
in questa nostra terra di nessuno,
sbronzo sbucciavo
bicchieri di liquore
sbandierando sbobba da sbandato.

Volevi il mio passato?
Eccolo.

domenica 2 novembre 2008

Nasceva, come la mattina
vomitando tutto il suo calore luminescente
per quella terra incancrenita che lo aveva voluto
più di ogni altra cosa al mondo.

Si districava tra rottami di carne
e cimiteri arrugginiti di piante odorose e assonnate,
che spargevano giù nella valle il sentiero per ritrovare la sua baracca.
E lì si gettava verso il suo campo,
accarezzato dall’alito caldo delle cortecce cispose
con le quali scivolava tra i disperati scintillii dell’alba
che infuocavano, inutili, i contorni delle cose.

Quando lavorava,
bevendo la sua pelle e sfidando le nuvole indifferenti,
mille lupi azzurri si riunivano in segreto per cantare le sue gesta,
giù dietro la collina sanguinolenta assetata di brina e malinconia.
Dove lui per pudore si vergognava di arrivare con lo sguardo.

Aspettava suo padre, che ogni anno partiva cantando
quando il vento diventava più leggero per essere inseguito fin sopra la radura,
dove scavava a mani nude nel sottobosco crepitante e limaccioso
cercando corone bizantine, benedette dalla saliva dei cinghiali e dagli umori delle allodole.

Solo quando le mani ridiventavano di rame e pietrisco
come gli scogli di quella spiaggia ammutolita che non aveva mai visto
decideva di riportare la sua spedizione solitaria sui passi sonnolenti del ritorno.

Lui lo vedeva riscendere acclamato da brandelli di polvere rossastra
che formavano torme brumose di pappagalli caraibici,
ed insieme ricercavano il letto nel buio dei loro occhi,
annusando la pasta di castagne sui piatti sporchi
e le mani di sua nonna ammuffite sul legno della credenza.

Lo trovava sempre il suo letto, come ogni sera,
prima di iniziare a sognare l’azzurro inafferrabile del freddo lago d’estate,
dove ogni mattina si risvegliava sorridente
pensando a tutto il male che augurava a quel mondo di paglia.

RWLF