martedì 23 giugno 2009

Appunti (VII) : Eretici italiani del Cinquecento

Capitolo nono

"Un altro siciliano troviamo come capo della vita spirituale degli eretici stessi in terra straniera, nel doppio senso che da lui prendono le mosse o con lui entrano in rapporto fin da principio alcuni dei più famosi fra essi, e che attorno a lui si raccoglie il gruppo degli eretici nel primo centro della "diaspora italiana", ancora vicino all patria, nei Grigioni. Nei Grigioni infatti vive ed opera, per il periodo della sua vita a noi conosciuto, il maestro di Lelio Sozzini, l'amico del Curione e di Francesco Negri: Camillo Renato, siciliano da identificarsi con tutta probabilità con il minorita Paolo Ricci, conosciuto anche sotto il nome di Lisia Fileno."

"Accanto alla dottrina del sonno delle anime dopo la morte, con la sua premessa che non può esserci vita senza corpo, e che quindi la vera vita oltreterrena comincerà solo quando tutte le anime salvate risorgeranno dopo il giudizio universale in un nuovo mondo spirituale, mentre le altre non risorgeranno, e a quella della non validità del battesimo cattolico, il Renato professava la teoria del rinnovamento nello spirito, che rende inutile ogni legge, anche quella morale. Il vero centro del suo pensiero sta in questa idea della rinascita spirituale, che rende superflua ogni legge nell'entusiasmo e nella coscienza della carità cristiana; e in questo senso va accettata la limitazione degli studiosi che, intendendo l'anabattismo in senso ristretto, negano che il Renato fosse anabattista, in quanto, pur rifiutando valore all'antico battesimo, non credeva necessario un nuovo battesimo in quanto nessun sacramento aveva per lui un valore essenziale."

"Importante è il presupposto generale, si potrebbe dire metodologico, della critica alla quale il Renato sottopone il concetto stesso dei Sacramenti. Per lui infatti l'intelligenza delle cose in genere e dei fatti della vita spirituale e religiosa, nasce dalla proprietà dei nomi: se ad una "cosa", ad un sacramento in questo caso, non conviene il nome, non gli conviene neppure il significato, l'insieme di qualità, attributi, relazioni, che sono sintetizzati nel nome stesso. Questa è la dialettica del Valla, col suo concetto delle "res" e con la sua logica fondata sulle parole e sulla grammatica, con la sua preoccupazione linguistica e puristica, e il suo sforzo di sistemare e concretare in una dottrina di valore generale lo spirito critico della sua filologia. Il Renato dimostra con osservazioni linguistiche che al Battesimo e alla Eucarestia non convengono i nomi di "suggelli confermativi né certificativi", e ne conclude che non si può dire che l'uno o l'altro dei due ultimi Sacramenti conservati dalla chiese svizzere abbiano l'ufficio di sigillare o di confermare la fede. La ragione scritturale viene solo in secondo luogo, e il Renato v'insiste meno; dopo un breve accenno egli ritorna alla dimostrazione che i Sacramenti non possono avere alcun valore oggettivo, come invece le chiese svizzere tendevano ad attribuire loro, secondo la tendenza che poi doveva condurre al Consensus Tigurinus fra zwingliani e calvinisti: Zwingli, che fino ad allora aveva offerto la critica più ardita e più coerente da un punto di vista umanistico dei Sacramenti, aveva detto che essi erano "segni", ma segni che certificavano e confermavano la comunione in Cristo (anche se puramente spirituale) e la nascita cristiana. Ma il Renato osserva che essi sono "segni, perchè significano qualche cosa", ma che non per questo sono "certificativi o conservativi della cosa stessa", perchè "altra cosa è significare, altra è confirmare". Non si può dunque trasformare il "significato" dell'istituzione sacramentale in "confermazione" di ciò che viene solamente indicato in esso; non si può dare valore oggettivo a ciò che ha valore soggettivo, spirituale."

2 commenti:

Anonimo ha detto...

di prossima uscita:

-L'"Inspiegabile"
ovvero:
perchè l'Avogado sta bene con la salsa rosa.-


adl ovvero a de large

Alceverde ha detto...

tutti questi sono scritti sono pura poesia. Rinfrancano lo spirito, prostrato dalle letture dei quotidiani.